Storia del club

La Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A., abbreviata in SSC Napoli e nota come Napoli, è una società calcistica italiana della città di Napoli. Fondata il 1º agosto 1926 su iniziativa dell'industriale napoletano Giorgio Ascarelli con il nome di Associazione Calcio Napoli, assunse poi l'attuale denominazione nel 1964.
Il simbolo del club è il Ciuccio, mentre il colore sociale è l'azzurro. Gioca le partite interne allo stadio San Paolo, inaugurato nel 1959.

Milita nella Serie A, la massima serie del campionato italiano. Con un palmarès che comprende 2 scudetti (1986-1987 e 1989-1990), 3 Coppe Italia (1961-1962, 1975-1976 e 1986-1987), una Supercoppa Italiana (1990) e una Coppa UEFA (1988-1989), oltre ad una Coppa delle Alpi (1966) e una Coppa di Lega Italo-Inglese (1976), il Napoli è la squadra del Meridione più titolata a livello nazionale ed internazionale, nonché, con 70 partecipazioni, quella più presente nei campionati di massima serie.

Secondo quanto emerso da un sondaggio della società Demos & Pi condotto nel settembre 2011, è la quarta squadra italiana per numero di tifosi, dietro Juventus, Inter e Milan. Nel 2011 il rapporto annuale della Deloitte & Touche sul mondo del calcio colloca il club al 6º posto in Italia per fatturato e al 28º posto a livello europeo.

Il Napoli è anche uno dei membri dell'ECA – Associazione dei Club Europei, organizzazione nata in sostituzione del soppresso G-14 e costituita dai principali club calcistici del continente, riuniti in consorzio al fine di ottenere una tutela comune dei diritti sportivi, legali e televisivi di fronte alla FIFA.

Una formazione del Napoli 1926-1927.
Dalle origini al secondo dopoguerra

Le origini del calcio a Napoli risalgono al 1904, quando l'inglese William Poths, impiegato nella sede napoletana della Cunard Line, deciso ad importare nel capoluogo partenopeo il popolare football e coadiuvato da soci locali come l'ingegnere Emilio Anatra ed Ernesto Bruschini fondò il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima vera rappresentativa calcistica cittadina, che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club con Amedeo Salsi presidente. I colori sociali erano il blu ed il celeste a strisce e la prima partita di rilievo fu disputata contro l'equipaggio della nave inglese Arabik, che in precedenza aveva sconfitto anche il blasonato Genoa, con il Naples che si impose per 3-2. Fino al 1912 al sodalizio partenopeo venne preclusa la partecipazione al campionato nazionale, al quale erano iscritte solo le società del Nord Italia. In quell'anno la F.I.G.C. optò per l'ammissione delle squadre del Centro-Sud alla Prima Categoria, l'allora massimo livello del calcio italiano. Una serie di scissioni e di fusioni portò alla creazione di diverse squadre cittadine, nessuna delle quali riuscì mai a superare le eliminatorie meridionali.

Un giovane industriale napoletano di origine ebraica, Giorgio Ascarelli, con l'intento di riunire i sodalizi cittadini allo scopo di creare un club più competitivo, il 1º agosto 1926 fondò l'Associazione Calcio Napoli, di cui divenne il primo presidente. Due giorni dopo venne fondato il Direttorio Divisioni Superiori, l'antesignano dell'odierna Lega Calcio, cui la neonata società ottenne l'affiliazione, primo club del Centro-Sud insieme ai sodalizi capitolini Alba Audace e Fortitudo Pro Roma.
La società esordì in massima serie nella Divisione Nazionale 1926-1927. Le prime due stagioni si chiusero con la retrocessione in serie inferiore, ma la F.I.G.C. in entrambe le occasioni accordò il ripescaggio per premiare gli sforzi del club partenopeo di recuperare il pesante gap con le società settentrionali. Il Napoli prese parte al primo torneo di massima serie a girone unico, la Serie A 1929-1930. La società scelse come allenatore il mister William Garbutt, vincitore di due scudetti alla guida del Genoa, e grazie al contributo di giocatori come Antonio Vojak e Attila Sallustro raggiunse notevoli risultati, come il doppio terzo posto consecutivo nelle stagioni 1932-1933 e 1933-1934 e la qualificazione alla massima competizione europea dell'epoca, la Coppa Mitropa. Nel 1936 entrò in società il comandante Achille Lauro, armatore di grande successo, che non riuscì tuttavia ad apportare particolari benefici al club partenopeo: nella seconda metà degli anni trenta la qualità della squadra andò declinando, fino a culminare nella retrocessione nella categoria inferiore nel 1941-1942.
Terminata la seconda guerra mondiale, il Napoli prese parte alla Divisione Nazionale 1945-1946, vincendo il Girone Misto Centro-Sud e riconquistando la massima serie. Tornò in Serie B due anni dopo, retrocessa dalla CAF per illecito sportivo. La panchina venne affidata ad Eraldo Monzeglio, che riportò la squadra in Serie A e avviò un lungo periodo alla guida del club partenopeo. Nonostante i rinforzi apportati alla squadra dal proprietario Achille Lauro, tra i quali spiccavano Bruno Pesaola, Hasse Jeppson e Luís Vinício, il Napoli non andò oltre il quarto posto raggiunto nel 1952-1953 e nel 1957-1958. Nel 1959 venne inaugurato il nuovo stadio San Paolo.

L'era Ferlaino
Tornato in Serie B nel 1961, il Napoli venne affidato a Bruno Pesaola, il quale guidò gli azzurri al ritorno in massima serie e alla conquista del primo trofeo della loro storia, la Coppa Italia 1961-1962, divenendo insieme al Vado l'unica società ad aver vinto la Coppa Italia non militando in massima serie. Questo successo, inoltre, offrì al Napoli la possibilità di esordire in una competizione UEFA, la Coppa delle Coppe, nella quale raggiunse i quarti di finale. Il 25 giugno 1964 il club assunse l'attuale denominazione di Società Sportiva Calcio Napoli, diventando contestualmente una società per azioni. Achille Lauro ottenne una quota rilevante delle azioni in virtù dei crediti vantati e garantì al figlio Gioacchino l'ingresso tra i soci, mentre Roberto Fiore venne eletto presidente. Alcuni dei giocatori più rappresentativi dell'epoca furono Dino Zoff, Antonio Juliano, Omar Sivori e José Altafini; il miglior risultato fu il secondo posto del 1967-1968. Nel frattempo il potere della famiglia Lauro sul club andava scemando: il 18 gennaio 1969 la società, sull'orlo del dissesto finanziario, passò nelle mani del giovane ingegnere Corrado Ferlaino, che avviò la più longeva e vincente presidenza della storia partenopea. Grazie all'acquisto di calciatori come Sergio Clerici, Giuseppe Bruscolotti e Tarcisio Burgnich, il Napoli raggiunse due volte il terzo posto (1970-1971 e 1973-1974) e un secondo posto nel 1974-1975, questi ultimi due piazzamenti ottenuti grazie al calcio totale di Luís Vinício. Nel 1976 il club azzurro vinse la seconda Coppa Italia, superando in finale il Verona. Alterne fortune caratterizzarono la seconda metà degli anni settanta: nonostante l'acquisto del bomber Giuseppe Savoldi, il rendimento in campionato andò peggiorando, culminando con l'undicesimo posto del 1979-1980.
Diego Armando Maradona, centrocampista offensivo del Napoli tra il 1984 e il 1991.

L'epoca d'oro
Dopo uno scudetto sfiorato nel 1981, con il libero olandese Ruud Krol tra i protagonisti, la svolta si ebbe nell'estate del 1984: il presidente Ferlaino, deciso a portare la società verso grandi traguardi, il 30 giugno 1984 definì l'acquisto del campione argentino Diego Armando Maradona dal Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.
Il Napoli Campione d'Italia 1986-1987.
Sotto la conduzione tecnica di Ottavio Bianchi e grazie all'innesto di altri calciatori di notevole livello, tra cui Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella e Alessandro Renica, nel 1987 il Napoli conquistò il suo primo scudetto, primo club del Meridione continentale a riuscire nell'impresa, vincendo nel contempo anche la terza Coppa Italia. Il sodalizio partenopeo si consolidò ai vertici del calcio italiano: forte di nuovi innesti come i brasiliani Careca e Alemão, il Napoli arrivò per due volte consecutive al secondo posto (1987-1988, con il titolo nazionale perso sul filo di lana e con roventi strascichi polemici, e 1988-1989, alle spalle dell'Inter di Giovanni Trapattoni) e nel 1989 ottenne il primo alloro internazionale, la Coppa UEFA, superando nella doppia finale i tedeschi dello Stoccarda. Nel 1990, con Alberto Bigon allenatore, il club partenopeo conquistò il secondo scudetto, cui fece seguito la vittoria della Supercoppa Italiana, ottenuta superando la Juventus di Maifredi per 5-1. Si chiuse così il primo importante ciclo della storia azzurra, in coincidenza con le vicissitudini personali che nel 1991 costrinsero Maradona a lasciare Napoli e l'Italia.

Declino e rinascita
Negli anni immediatamente seguenti il Napoli ottenne discreti risultati, come il quarto posto del 1991-1992 con Claudio Ranieri in panchina e il sesto posto del 1993-1994, allenatore Marcello Lippi. La crisi finanziaria, tuttavia, constrinse il club a privarsi dei suoi uomini migliori: man mano vennero ceduti, tra gli altri, Gianfranco Zola, Daniel Fonseca, Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro. Nei due anni successivi, con Vujadin Boškov in panchina, il Napoli ottenne un settimo e un decimo posto. Raggiunse la finale di Coppa Italia 1996-1997, venendo sconfitto per mano del Vicenza. Fu il canto del cigno: la crisi raggiunse l'apice nel 1997-1998, con l'ultimo posto in classifica e la retrocessione in Serie B dopo 33 anni consecutivi di massima serie. Il club azzurro ritornò in Serie A nel 2000, per poi retrocedere nuovamente dopo appena un anno. I cambiamenti societari, con l'entrata in società di Giorgio Corbelli prima e di Salvatore Naldi poi, non portarono benefici al club, con la squadra che ristagnò a metà classifica nella seconda serie italiana.

Alla crisi di risultati si aggiunse l'ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell'estate del 2004 al fallimento del club ed alla conseguente perdita del titolo sportivo. Nelle settimane successive l'imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis rilevò il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrisse la squadra, con la denominazione Napoli Soccer, al campionato di terza serie. Soltanto sfiorata nel primo anno, la promozione arrivò nel torneo successivo sotto la guida di Edoardo Reja. Dopo aver riacquisito la denominazione originaria di Società Sportiva Calcio Napoli, volutamente non utilizzata nei due campionati di terza serie, nel 2007 il club partenopeo conseguì l'immediata promozione in Serie A, tornando in massima serie dopo 6 anni di assenza. In seguito alla guida della squadra si avvicendarono l'ex CT della Nazionale Roberto Donadoni e, quindi, Walter Mazzarri, che dapprima condusse la squadra alla qualificazione diretta in Europa League, la prima dopo 16 anni, quindi nel 2011 riportò il club nella massima competizione europea, la UEFA Champions League, 21 anni dopo l'ultima partecipazione.

Colori sociali 
Al momento della fondazione fu adottata una maglia di colore azzurro, con colletto celeste e pantaloncini bianchi.

Da allora l'azzurro è rimasto nella maglia sino ad oggi, mentre è aumentata la presenza del bianco.
Nel 1965-1966 il presidente azzurro Roberto Fiore, per scaramanzia, decise di cambiare i colori della maglia: in quella stagione il Napoli giocò con una maglia bianca con fascia trasversale azzurra. La stagione successiva la maglia ritornò quella tradizionale. Dal 1981 comparve sulle maglie il nome dello sponsor principale.
La stagione 2002-2003, disputata in Serie B, fu la seconda ed ultima stagione nella quale i partenopei non utilizzarono la divisa azzurra. In quell'occasione lo sponsor tecnico Diadora vestì gli azzurri con una maglia a strisce verticali bianco-azzurre, in stile Argentina.


Stemma
Il primo stemma del Napoli, nel 1926, era costituito da un ovale con al centro un cavallo bianco poggiato su un pallone da calcio e contornato dalle iniziali della denominazione di allora della società partenopea: "A.C.N." (Associazione Calcio Napoli), il tutto su sfondo celeste. Fu lo stemma della società partenopea per un solo anno: infatti, complice probabilmente la pochezza espressa dalla squadra nella stagione d'esordio, il club adottò uno stemma di forma circolare con una N color oro su sfondo azzurro e corona esterna color oro.
Lo stemma variò di nuovo nel 1964, in concomitanza con il cambio di denominazione in Società Sportiva Calcio Napoli: la N venne rimpicciolita per far posto alla sigla SSC Napoli ai suoi piedi. Nel 1980 la corona divenne bianca e lungo essa venne disposta, in senso circolare, la denominazione della società scritta per esteso. Sensibili i cambiamenti (perlopiù cromatici) apportati nel 2002: la corona divenne blu scuro, con la scritta societaria e la N centrale colorate di bianco.
In seguito al fallimento, la scritta societaria venne eliminata dalla corona – ora di colore blu notte – e rimpiazzata con una didascalia riportante la nuova denominazione societaria (Napoli Soccer). Riacquisita la vecchia denominazione, la didascalia venne rimossa e la corona riacquistò il colore blu.





Numeri ritirati

    Maglia N° 10 - Diego Armando Maradona


Il Napoli nell'estate del 2000 ritirò la maglia numero 10 appartenuta a Diego Armando Maradona dal 1984 al 1991, come tributo alla sua classe e al notevole contributo offerto in sette stagioni con la casacca partenopea. Nell'ordine, gli ultimi ad indossare la 10 azzurra con l'avvento della numerazione fissa furono Fausto Pizzi (nel 1995-1996), Beto (nel 1996-1997), Igor Protti (nel 1997-1998, ultimo calciatore a giocare e siglare un gol con la 10 in Serie A) e Claudio Bellucci (1998-1999 e 1999-2000, in Serie B).
Tuttavia, per motivi regolamentari, il numero venne ristampato sulle maglie azzurre dal 2004 al 2006 in Serie C1, torneo dove vige la vecchia numerazione dall'1 all'11. L'ultimo calciatore ad indossare e siglare un gol con questa maglia in una gara ufficiale fu Mariano Bogliacino nella gara casalinga del 18 maggio 2006 contro lo Spezia, valevole per la finale di ritorno della Supercoppa di C1; primato che gli appartiene anche per l'ultima apparizione in campionato, il 12 maggio 2006 nella gara in casa del Lanciano. Per quel che concerne esclusivamente il campionato, invece, va al calciatore argentino Sosa il primato di essere stato l'ultimo ad indossare la 10 al San Paolo e contemporaneamente a segnare, nella gara contro il Frosinone del 30 aprile 2006.

Strutture
Stadi

Lo stadio Partenopeo fu la "casa" azzurra dal 1930 al 1942.

Le società calcistiche cittadine che precedettero la fondazione del Napoli utilizzarono diversi campi da gioco. Il Naples giocò dal 1904 al 1912 in via Campegna, a Fuorigrotta, quindi si trasferì ad Agnano, mentre l'Internapoli giocava a Bagnoli. La sede di Agnano fu confermata nel 1922, quando le due società si fusero per dare vita all'Internaples.Il primo campo da gioco utilizzato dal Napoli fu lo Stadio Militare dell'Arenaccia: voluto da Alberico Albricci, fu inaugurato nel 1923 e assegnato nel 1926 al neonato club partenopeo. Nel 1929 il presidente Giorgio Ascarelli commissionò la costruzione di un nuovo stadio situato nel "Rione Luzzatti", nei pressi della Stazione Centrale. Progettato da Amedeo D'Albora, l'impianto, inizialmente denominato Stadio Vesuvio, poteva contenere 20.000 spettatori e venne inaugurato il 23 febbraio 1930 con la partita tra azzurri e Juventus, terminata 2-2. Poco tempo dopo Ascarelli venne a mancare e lo stadio gli fu intitolato a furor di popolo, ma in seguito le leggi razziali imposero un ulteriore cambio di nome in Stadio Partenopeo. Rinnovato e ampliato in occasione dei Mondiali 1934, l'impianto fu completamente raso al suolo dai bombardamenti alleati nel corso della seconda guerra mondiale.

Lo stadio San Paolo ospita le partite interne del Napoli dal 1959.
Il club si trasferì quindi allo stadio Arturo Collana del Vomero, già provvisoriamente utilizzato ai tempi dei lavori di ristrutturazione del precedente impianto. Rinominato per breve tempo Stadio della Liberazione nel dopoguerra, era tuttavia inadeguato alle esigenze del club: emblematica la situazione nella quale venne giocata Napoli-Juventus (4-3 il risultato finale) del 20 aprile 1958, con il pubblico schierato sul limitare delle linee di gioco.
Venne così progettato un nuovo impianto nel quartiere di Fuorigrotta. Inizialmente battezzato Stadio del Sole, venne denominato stadio San Paolo per celebrare la tradizione secondo la quale San Paolo, in viaggio verso Roma, avrebbe attraccato in quest'area dell'attuale Napoli. Venne inaugurato il 6 dicembre 1959, curiosamente in una partita contro la Juventus (2-1 per i partenopei) come in occasione dell'inaugurazione del Vesuvio 29 anni prima. Il progetto iniziale prevedeva un solo anello ma in seguito ne venne aggiunto un secondo, situato sotto il livello stradale. Parzialmente riammodernato in vista degli Europei 1980, in occasione dei Mondiali 1990 venne dotato dell'attuale copertura e del terzo anello che portò il numero di posti a 76.824. In seguito, problemi logistici hanno imposto la chiusura del terzo anello con la riduzione della capienza a 60.240 posti, che ne fanno il terzo stadio d'Italia per capienza dopo lo Stadio Giuseppe Meazza di Milano e lo Stadio Olimpico di Roma. Con una pista di atletica leggera a 8 corsie e palestre di pugilato, fitness, lotta libera e arti marziali orientali, il San Paolo rappresenta anche il principale impianto polisportivo della città.

Sedi
Si riporta di seguito l'elenco delle sedi ufficiali utilizzate dalla Società Sportiva Calcio Napoli nel corso della sua storia.


    1945 Palazzina annessa allo Stadio Vomero
    1966 via Massimo Stanzione, 14
    1967 via Chiatamone, 57
    1970 via Petrarca, 141
    1972 via Caravaggio, 112
    1973 via Crispi, 4 (palazzo ex Sacro Cuore)
    1977 via Vicinale Paradiso, 70 (Centro Paradiso di Soccavo)
    1985 Piazza dei Martiri, 30
    1991 via Vicinale Paradiso, 70 (Centro Paradiso di Soccavo)
    2004 via Jacopo De Gennaro (Stadio San Paolo)
    2004 via Alcide De Gasperi, 33
    2006 Strada Statale Domitiana Km 35,300 – Castel Volturno (CE) (Centro Tecnico)



Società

Il Napoli è una società per azioni dal 25 giugno 1964, allorquando il proprietario dell'allora Associazione Calcio Napoli, Achille Lauro, coadiuvato da altri soci come Antonio Corcione, Luigi Scuotto e Roberto Fiore, costituì la Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A. con capitale sociale di 120 milioni di lire.

Il 99,8% delle azioni della società partenopea è attualmente controllato dalla società di produzione cinematografica Filmauro S.r.l., mentre il restante 0,2% appartiene ad Aurelio De Laurentiis, presidente del CdA. Il capitale della controllante Filmauro, a sua volta, è intestato per il 90% alla fiduciaria Romafides del gruppo Unicredit (il cui compito istituzionale è quello di coprire il reale possessore, Aurelio De Laurentiis, e di offrire una serie di servizi di gestione per suo conto) e per il restante 10% alla cittadina svizzera Jacqueline Baudit, consorte dello stesso De Laurentiis.
Il bilancio d'esercizio al 30 giugno 2011 si è chiuso con un utile netto di 4,2 milioni di euro, in aumento rispetto all'utile registrato l'anno precedente (343mila euro). Il valore della produzione si è attestato a 131 milioni di euro con la quota maggiore di ricavi (58,4 milioni) proveniente dai diritti televisivi, oltre a 27,2 milioni di ricavi da sponsor e 22 milioni di ricavi da stadio.


Organigramma societarioAggiornato al 4 giugno 2011.
Staff dell'area amministrativa
    Presidente: Aurelio De Laurentiis
    Vicepresidenti: Edoardo De Laurentiis e Jacqueline Marie Baudit
    Consigliere: Valentina De Laurentiis
    Consigliere Delegato: Andrea Chiavelli
    Direttore Generale: Marco Fassone
    Direttore Sportivo: Riccardo Bigon
    Direzione commerciale e marketing: Alessandro Formisano
    Segretario: Alberto Vallefuoco
    Responsabile area comunicazione: Monica Scozzafava
    Addetto stampa: Guido Baldari
    Team manager: Giuseppe Santoro
    Responsabile Settore Scouting: Maurizio Micheli
    Coordinatore Settore Scouting: Marco Zunino
    Osservatore: Leonardo Mantovani

Sponsor
Elenco degli sponsor tecnici e ufficiali della Società Sportiva Calcio Napoli
Sponsor ufficiali
    1981-1982: Snaidero
    1982-1983: Cirio
    1983-1984: Latte Berna
    1984-1985: Cirio
    1985-1988: Buitoni
    1988-1991: Mars
    1991-1994: Voiello
    1994-1996: Record Cucine
    1996-1997: Centrale latte di Napoli
    1997-1999: Polenghi
    1999-2003: Peroni
    2003-2004: Russo-Cicciano
    2004-2005: Mandi
    2005-2011: Lete
    2011-oggi: Lete - MSC Crociere

Fornitori tecnici
    1978-1980: Puma
    1980-1984: NR (Ennerre)
    1984-1985: Linea Time
    1985-1991: NR (Ennerre)
    1991-1994: Umbro
    1994-1997: Lotto
    1997-2000: Nike
    2000-2003: Diadora
    2003-2004: Legea
    2004-2006: Kappa
    2006-2009: Diadora
    2009-oggi: Macron

Impegno nel sociale

Il Napoli è una società attiva nel campo sociale, distintasi per il sostegno fornito a monteplici iniziative benefiche.
Attraverso la partecipazione diretta dei propri tesserati, il club azzurro ha patrocinato iniziative a sostegno delle strutture ospedaliere cittadine, oltre a iniziative di sensibilizzazione contro la violenza nello sport e la povertà infantile. Con l'appoggio all'associazione cittadina Scugnizzi, che opera nel penitenziario minorile di Nisida, il Napoli sostiene svariati progetti volti al reinserimento sociale dei giovani detenuti una volta scontata la loro pena.
Tramite raccolte di fondi sostenute direttamente e indirettamente dai propri calciatori, il Napoli ha fornito il proprio appoggio a istituzioni come la Robert F. Kennedy Foundation, Telethon, la Fondazione San Raffaele e la Fondazione Stefano Borgonovo.
Il club partenopeo si è inoltre impegnato con diverse iniziative a sostegno delle vittime del terremoto dell'Aquila del 2009, dalla devoluzione degli incassi delle partite alla raccolta fondi per la costruzione di un centro polisportivo antisismico nel capoluogo abruzzese.


Il Napoli nella cultura popolare

Essendo uno dei club più seguiti del paese, il Napoli si è spesso distinto non solo in ambito calcistico ma anche nella cultura partenopea e italiana. La partita di spareggio Napoli-Lazio del 23 giugno 1929, valida per l'ammissione al primo campionato di Serie A a girone unico, fu il primo incontro di campionato a essere trasmesso in una rudimentale "radiocronaca" (non si può parlare di radiocronaca vera e propria, in quanto quest'ultima venne introdotta in Italia solo qualche anno dopo); infatti il Mezzogiorno sportivo, quotidiano di Napoli, aveva inviato allo stadio di Milano (dove si disputò lo spareggio) un giornalista, che durante la partita telefonava alla redazione descrivendo le varie azioni di gioco; il contenuto della telefonata veniva poi trascritto dal giornalista Michele Buonanno che inviava i dispacci a un altro giornalista, Felice Scandone, che ne leggeva il contenuto da un balcone, informando così la folla in trepidante attesa dell'andamento dello spareggio. La partita, per la cronaca, terminò 2-2 ed entrambe le squadre vennero ammesse al primo torneo di massima serie a girone unico.
Il Napoli è entrato a far parte anche della musica popolare. Sono state dedicate alla squadra partenopea numerose canzoni come I ragazzi della curva B di Nino D'Angelo, La favola più bella, Forza Napoli (Gigi D'Alessio e Benito Carbone). Riferimenti al Napoli si trovano in vari film, come ad esempio in Quel ragazzo della curva B (film commedia del 1987), in cui Nino D'Angelo recita la parte di Nino, un tifoso azzurro che si è messo nei guai con la camorra. Un altro film che ha preso spunto dai sostenitori del Ciuccio è Tifosi, dove Nino D'Angelo recita la parte del tifoso partenopeo e ladruncolo Gennaro, mentre altri riferimenti cinematografici si trovano nel comico-demenziale Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento, con protagonista Alvaro Vitali nel ruolo del giocatore azzurro Paulo Roberto Cotechiño e del suo sosia. In questi film appaiono, nel ruolo di se stessi, anche giocatori del Napoli come Andrea Carnevale, Giuseppe Bruscolotti, Bruno Giordano (in Quel ragazzo della curva B) e Diego Armando Maradona (Tifosi). Il Napoli appare anche nel film biografico su Diego Armando Maradona, Maradona, la mano di Dio (2007).


Giocatori celebri


Antonio Vojak

La prima stella del Napoli fu Attila Sallustro, attaccante nato ad Asunción ma italiano d'adozione. Cresciuto nelle giovanili dell'Internaples, fece parte della rosa azzurra a partire dalla stagione d'esordio in Divisione Nazionale, rimanendovi fino al 1937. Disputò 267 partite arricchite da 107 gol (tutti in campionato e record per la società partenopea) e insieme a Marcello Mihalich fu il primo calciatore del Napoli a giocare in Nazionale, esordendo con gol nell'amichevole contro il Portogallo del 1º dicembre 1929. Il notevole rendimento agonistico gli valse anche un premio da parte della società, una Fiat 508 Balilla da 9.000 lire, poiché il calciatore, per volontà paterna, non percepiva alcun compenso per le prestazioni sportive. Distratto dalla dolce vita al di fuori del campo di gioco, il suo rendimento andò via via peggiorando, finché il club azzurro decise di venderlo alla Salernitana. I propositi di intitolargli lo stadio San Paolo, come Milano fece con Giuseppe Meazza, non hanno avuto seguito. In coppia con Sallustro, altro protagonista azzurro negli anni trenta fu Antonio Vojak, prelevato dalla Juventus nel 1929 in vista del primo torneo di Serie A a girone unico. Nato a Pola, fu costretto a mutare il cognome in Vogliani in virtù dell'italianizzazione forzata e delle leggi antislave imposte dal regime fascista. I 103 gol realizzati nelle sei stagioni in maglia azzurra ne fanno tuttora il massimo cannoniere partenopeo in Serie A. Terzo pilastro del Napoli di William Garbutt fu il laterale Enrico Colombari, acquistato nel 1930 dal Torino per l'allora ragguardevole cifra di 250.000 lire e per questo motivo ribattezzato quarto di milione o 'o Banco 'e Napule. Illuminò il gioco azzurro per sette stagioni e 213 partite.

Amedeo Amadei.
Primo fuoriclasse partenopeo nel dopoguerra, Amedeo Amadei venne acquistato dal Napoli di Egidio Musolino appena ritornato in A, nel 1950. Già centravanti della Roma, dell'Inter e della Nazionale, il fornaretto militò per sei stagioni in azzurro, realizzando 47 reti in 171 partite, quindi assunse la guida tecnica del club partenopeo. Con 4 reti realizzate in Nazionale all'epoca della militanza in riva al Golfo, è tuttora il calciatore del Napoli più prolifico con la maglia della selezione azzurra.
A quest'epoca risale anche il secondo colpo di mercato azzurro, vent'anni dopo l'acquisto di Colombari: Hasse Jeppson, poderoso attaccante svedese dell'Atalanta, viene acquistato da Achille Lauro nel 1952 per l'enorme cifra di 105 milioni di lire vincendo la concorrenza dell'Inter, cosicché il calciatore nordico ereditò proprio da Colombari il soprannome di 'o Banco 'e Napule. Amante della musica, intelligente e freddo, disputò quattro stagioni in maglia azzurra, firmando 52 reti in 112 partite. Gli alterchi con l'allenatore Eraldo Monzeglio e gli infortuni a catena ne limitarono il rendimento, finché la società non gli concesse la lista gratuita e si trasferì al Torino. Lo sostituì il possente centravanti brasiliano Luís Vinício, proveniente dal Botafogo.
Hasse Jeppson
 Soprannominato il leone per le sue qualità fisiche e la sua determinazione, fu portato a Napoli nel 1955 con l'intento di schierarlo in coppia con Jeppson, ma il tandem durò una sola stagione. Vinício disputò cinque stagioni in maglia azzurra, realizzando 70 reti in 152 partite, dopodiché, ritenuto ormai al tramonto, sulla soglia dei trent'anni venne ceduto al Bologna: qualche anno dopo, con la maglia del Vicenza, vinse la classifica cannonieri con 25 reti. Altro calciatore particolarmente rappresentativo in quest'epoca fu Bruno Pesaola, argentino di Buenos Aires, portato in Italia dalla Roma, transitato al Novara e trasferitosi nel 1952 al Napoli per 30 milioni di lire dopo essere giunto nel capoluogo campano in viaggio di nozze con la moglie Ornella, Miss Novara. Piccolo di statura e rapido in progressione, il petisso si destreggiava soprattutto nel ruolo di ala sinistra. In maglia azzurra disputò 240 partite impreziosite da 27 gol e durante la militanza napoletana debuttò nella Nazionale italiana come oriundo. Lasciò il club partenopeo nel 1960, per poi ritornarvi come allenatore. Nel 2009 la città di Napoli gli conferì la cittadinanza onoraria.

Josè Altafini
Esempio raro di calciatore nato, cresciuto e impostosi nel Napoli,Antonio Juliano esordì in maglia azzurra nel 1962 dopo aver completato la trafila delle giovanili. Nel ruolo di regista-cursore fu uno dei pilastri della squadra partenopea, che in quegli anni arrivò al secondo posto (miglior risultato di sempre fino a quel momento) e per tre volte al terzo posto, vincendo anche una Coppa Italia. Positiva anche la sua carriera in Nazionale, con cui collezionò 18 presenze vincendo il Campionato Europeo 1968 e ottenendo un secondo posto al Mondiale 1970. Lasciò il Napoli nel 1978, dopo sedici stagioni (di cui dodici trascorse da capitano) e 505 partite tra campionato e coppe (secondo azzurro di sempre), per trasferirsi al Bologna, salvo poi tornare nel club partenopeo in veste di dirigente.
Il talento emergente di Juliano fu accompagnato dall'acquisizione, nel 1965, di due tra i calciatori più importanti e rappresentativi dell'epoca: gli oriundi José Altafini e Omar Sivori. Sivori, costretto a lasciare la Juventus (dove aveva realizzato 170 reti in 257 partite) a causa degli screzi con Heriberto Herrera, stava per trasferirsi al Varese, quando l'intercessione diretta di Achille Lauro presso gli Agnelli aprì al calciatore le porte del club azzurro. Indisciplinato e dal carattere turbolento, disputò quattro stagioni in chiaroscuro caratterizzate da 12 reti in 63 partite. L'espulsione ricevuta nel dicembre 1968 in una partita proprio contro la Juventus, cui seguì una squalifica di sei turni, lo convinse a mettere fine alla sua carriera.

Omar Sivori
Altafini, dal canto suo, fu prelevato dal Milan, con la cui maglia aveva vinto due scudetti e una Coppa dei Campioni, per 300 milioni di lire e insieme a Sivori e Juliano costituì la colonna del Napoli più competitivo mai visto fino a quei tempi. Rimase in maglia azzurra sette stagioni, caratterizzate da 97 gol (quarto cannoniere azzurro di sempre) in 179 partite, quindi si trasferì alla Juventus, dove vinse altri due scudetti. Il club torinese fu anche la destinazione di Dino Zoff, che rinnovò la tradizione degli importanti portieri azzurri come Giuseppe Cavanna e Ottavio Bugatti. Acquistato nel 1967 dal Mantova sotto la presidenza di Gioacchino Lauro, militò in azzurro per cinque stagioni, collezionando 143 presenze e diventando punto di riferimento di una difesa tra le meno battute d'Italia. Approdò alla Juventus quando si era ormai affermato anche in Nazionale.Giuseppe Savoldi, classico centravanti di peso, fu il primo acquisto rilevante della presidenza di Corrado Ferlaino, che lo prelevò nel 1975 dal Bologna per la cifra record di 2 miliardi di lire, che suscitò notevole scalpore quando non indignazione nell'opinione pubblica. Pur male assistito da una squadra di non elevato valore, l'attaccante bergamasco realizzò 77 reti (sesto cannoniere azzurro di sempre e primo cannoniere italiano del dopoguerra) in 118 partite, quindi fece ritorno al Bologna, nel 1979. L'anno seguente giunse a Napoli uno dei calciatori più apprezzati della storia azzurra: il libero olandese Ruud Krol. Già protagonista nell'Ajax del calcio totale, con la cui maglia vinse sei titoli nazionali e tre Coppe dei Campioni, venne prelevato dai partenopei all'età di 31 anni da una squadra canadese, dove era approdato da pochi mesi. Militò in maglia azzurra per quattro stagioni, particolarmente apprezzato per lo stile di gioco elegante e per il lancio preciso.

Diego Armando Maradona

Il 1984 vide la partenza di Krol e contestualmente l'arrivo del calciatore più importante della storia partenopea, Diego Armando Maradona. Eletto miglior calciatore argentino di sempre e universalmente riconosciuto come uno dei più talentuosi calciatori di tutti i tempi, venne prelevato nell'estate di quell'anno dagli spagnoli del Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.
Recitò un ruolo decisivo nelle vittorie del club azzurro, il cui palmarès è quasi per intero riconducibile (ad eccezione di due Coppe Italia e di altri trofei minori) al suo periodo di militanza in maglia partenopea: divenne capitano della squadra e nel giro di sette stagioni condusse il club alla vittoria di due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa UEFA e una Supercoppa Italiana. Nel Napoli giocò complessivamente 259 partite impreziosite da 115 reti (81 in A, 29 in Coppa Italia e 5 nelle competizioni europee) che fanno di lui il massimo cannoniere della storia partenopea e una sorta di icona popolare per la città di Napoli, da lui lasciata nel 1991 a seguito di gravi vicissitudini personali. È tuttora l'unico calciatore del Napoli ad aver vinto la classifica cannonieri in Serie A (1987-1988, 15 reti). Nel 2000 il club partenopeo ritirò in suo onore la maglia numero 10.
Careca
Maradona venne coadiuvato, nel corso dell'esperienza partenopea, da una serie di calciatori di notevole livello. Tra questi Ciro Ferrara, cresciuto nel settore giovanile partenopeo e importante elemento del reparto arretrato partenopeo. Militò per 10 stagioni in maglia azzurra, collezionando 323 presenze (quarto azzurro di sempre) prima di essere ceduto alla Juventus, nel 1994. Nel reparto avanzato si alternarono al fianco di Maradona, tra gli altri, Bruno Giordano e il brasiliano Careca, che insieme al trequartista argentino costituirono il celebre trio d'attacco Ma.Gi.Ca.. Giordano venne prelevato dalla Lazio nel 1985 e rimase in maglia azzurra per tre stagioni prima di essere ceduto all'Ascoli. Careca, centravanti agile e di grande potenza, salito alla ribalta durante il Mondiale 1986 in Messico, venne acquistato nel 1987 dal São Paulo per 2 milioni di dollari e divenne rapidamente un elemento fondamentale della formazione azzurra. Militò in riva al Golfo per sei stagioni, caratterizzate da 96 gol (quinto cannoniere azzurro della storia), quindi nel 1993 si trasferì in Giappone.

Il Napoli e la Nazionale italiana

Marcello Mihalic
All'11 ottobre 2011 sono complessivamente 41 i calciatori ad aver ricevuto la convocazione in Nazionale maggiore all'epoca della militanza in maglia partenopea, 30 dei quali hanno effettivamente collezionato almeno una presenza. Il recordman di presenze è Fernando De Napoli (49), mentre il primato delle reti va ad Amedeo Amadei (4).
I primi calciatori azzurri a militare in Nazionale furono Marcello Mihalich ed il Veltro Attila Sallustro, che debuttarono il 1º dicembre 1929 contro il Portogallo. La partita terminò 6-1 e 3 gol furono segnati dai due azzurri (due da Mihalic ed uno da Sallustro). Tuttavia i due azzurri non furono convocati per il Mondiale 1934, al contrario di Giuseppe Cavanna, portiere azzurro che si laureò campione del mondo come secondo di Gianpiero Combi. Al Mondiale 1938 il Napoli non ebbe alcun rappresentante.

Fernando De Napoli
Il rapporto tra Napoli e Nazionale si rinnovò nella seconda metà degli anni sessanta con l'approdo in azzurro di due importanti calciatori partenopei: Antonio Juliano e Dino Zoff, che portarono l'Italia alla vittoria del suo primo titolo europeo nel 1968 e al secondo posto nel Mondiale 1970. Lo stesso Juliano partecipò anche al Mondiale 1966 e al Mondiale 1974, mentre Mauro Bellugi prese parte all'Europeo del 1980.
Il periodo con più napoletani in Nazionale coincise con quello del Napoli di Maradona. A rappresentare il sodalizio partenopeo nelle spedizioni azzurre al Mondiale 1986, all'Europeo 1988 e al Mondiale 1990 si alternarono Salvatore Bagni, Fernando De Napoli, Ciro Ferrara, Giovanni Francini, Francesco Romano e Andrea Carnevale, mentre Luca Fusi e Massimo Crippa vestirono la maglia della Nazionale in alcune amichevoli. Dopo quel periodo nessun giocatore del Napoli fu più chiamato per la fase finale di un Europeo o un Mondiale, ma solo per gare di qualificazione alle stesse competizioni, oppure amichevoli (Ciro Ferrara, Gianfranco Zola, Fernando De Napoli ed ultimo Angelo Carbone, convocato nell'ottobre del 1992).
Il declino del club interruppe il rapporto tra partenopei e Nazionale; per 15 anni nessun calciatore del Napoli fu convocato in azzurro. Spezzò il digiuno delle convocazioni Paolo Cannavaro il 13 ottobre 2007, convocato per l'amichevole contro il Sudafrica, senza tuttavia fare ingresso in campo. Fu l'esterno destro Christian Maggio, convocato per l'amichevole contro la Grecia del 19 novembre 2008, a far terminare il lungo periodo di 16 anni in cui nessun calciatore del Napoli era sceso in campo la maglia della Nazionale, subentrando nel corso del match a Mauro Germán Camoranesi: l'ultimo calciatore del Napoli a disputare una gara con la maglia della selezione nazionale italiana era stato Fernando De Napoli il 25 marzo 1992 nell'amichevole contro la Germania. Per quanto concerne le presenze in gare valevoli per competizioni ufficiali, il digiuno terminò il 5 settembre 2009 con la presenza in campo di Fabio Quagliarella nella partita contro la Georgia, valida per le qualificazioni al Mondiale 2010.
Lo stesso Quagliarella, insieme a Christian Maggio e Morgan De Sanctis, venne poi convocato per il Mondiale 2010, 20 anni dopo l'ultima volta che il club partenopeo aveva avuto suoi rappresentanti tra le file azzurre nella fase finale della massima competizione internazionale; nel corso della manifestazione sudafricana, inoltre, l'attaccante stabiese divenne il primo calciatore nella storia del Napoli ad andare a segno con la maglia della Nazionale in Coppa del Mondo, realizzando ai danni della Slovacchia il gol che fissò il risultato sul definitivo 3-2 per la nazionale mitteleuropea.


Statistiche di squadra

Il Napoli esordì in massima serie (allora denominata Divisione Nazionale) il 3 ottobre 1926. Quella appena trascorsa (2010-2011) è stata dunque la sua 83ª stagione sportiva; ha partecipato a 69 campionati di massima serie (4 di Divisione Nazionale e 65 di Serie A propriamente detta), dodici di Serie B e due di Serie C1. Nel corso delle 69 stagioni in massima serie il Napoli ha vinto due volte il campionato, giungendo al secondo posto in quattro occasioni e per sette volte al terzo. In 83 stagioni sportive, la società si è dunque piazzata sul podio nel 15,6% dei casi.
La vittoria in campionato con il maggior scarto fu un 8-1 contro la Pro Patria, nella Serie A 1955-1956. La sconfitta con il maggior scarto fu invece uno 0-11 subìto dal Torino nel campionato federale 1927-1928.

Il Napoli è l'unica squadra che ha vinto la Coppa Italia militando in Serie B (1961-1962). Sempre per quanto riguarda la Coppa Italia, il Napoli, insieme alla Fiorentina, è l'unica squadra ad aver vinto la Coppa Italia vincendo tutte le partite (13 su 13; accadde nella stagione 1986-1987). Il Napoli inoltre condivide con Torino (1942-1943), Juventus (1959-1960 e 1994-1995), Lazio (1999-2000) e Inter (2009-2010) il primato di aver vinto sul campo nella stessa stagione Scudetto e Coppa Italia (1986-1987).
Il Napoli vanta inoltre, in coabitazione con Bologna (1931-1932) e Juventus (1932-1933), il record dei punti (33 su 34) ottenuti nelle gare interne in un campionato a 18 squadre con 2 punti per vittoria (16 vittorie ed 1 pareggio in 17 partite), realizzato nel torneo 1989-1990. L'unica squadra che riuscì a ottenere punti al S. Paolo in quella stagione fu la Sampdoria, che pareggiò 1-1.

Statistiche individuali
- Il giocatore che detiene il record di presenze in campionato è Antonio Juliano, con 394 presenze (355 in Serie A). Il primato per quanto concerne la sola Serie A va invece a Giuseppe Bruscolotti, con 387 presenze; quest'ultimo detiene anche il record di presenze complessive tra campionato e coppe (511).
- Il giocatore che ha segnato più gol in assoluto in maglia azzurra è Diego Armando Maradona, con 115 reti in totale, di cui 81 in Serie A.
- Il record di gol in campionato appartiene ad Attila Sallustro, con 104 reti,[115] mentre il giocatore con più reti in Serie A è Antonio Vojak, con 102 reti.
- Il record di gol in un singolo campionato appartiene ad Edinson Cavani, con 26 reti nella stagione 2010-2011.
- Il record di presenze nelle competizioni europee è di Antonio Juliano con 39 presenze, mentre quello di reti appartiene ad Edinson Cavani con 11 gol.
- Il record di presenze nelle coppe nazionali è di Giuseppe Bruscolotti con 96 presenze, mentre quello di reti appartiene a Diego Armando Maradona con 29 gol.

Record di presenze nel Napoli
    -Giuseppe Bruscolotti 511
    -Antonio Juliano 505
    -Moreno Ferrario 396
    -Ciro Ferrara 323
    -Bruno Gramaglia 275
    -Carlo Buscaglia 273
    -Dino Panzanato 262
    -Ottavio Bugatti 261
    -Mario Zurlini 260
    -Diego Armando Maradona 259
    -Luciano Castellini 259

Record di gol nel Napoli
    -Diego Armando Maradona 115
    -Attila Sallustro 107
    -Antonio Vojak 103
    -José Altafini 97
    -Careca 96
    -Giuseppe Savoldi 77
    -Luís Vinício 70
    -Cané 70
    -Marek Hamšík 55
    -Edinson Cavani 52
    -Hasse Jeppson 52

Settore giovanile

Il Settore giovanile si occupa di gestire tutte le squadre iscritte dalla SSC Napoli ai campionati giovanili della FIGC e ai vari tornei nazionali e internazionali. L'obiettivo di questo settore è quello di formare e valorizzare i giovani tesserati della SSC Napoli affinché possano essere lanciati nel mondo del calcio professionistico, costituendo anche un serbatoio di talenti dal quale la prima squadra possa attingere.
Storia

Attila Sallustro
Le origini del settore giovanile del Napoli risalgono all'inizio degli anni venti, quando il Naples e l'Internazionale Napoli non si erano ancora fuse. Fu il presidente dell'Internazionale, Emilio Reale, ad avere l'idea di organizzare un settore giovanile, nel quale giocò le sue prime partite in azzurro il futuro campione del Napoli Attila Sallustro, allora undicenne.
Il campo delle giovanili si trovava nella villa comunale a via Caracciolo. Nella stagione 1962-1963 la federazione decise di creare un campionato nazionale giovanile (il "Campionato Primavera") a cui il Napoli partecipò fin dalla prima edizione con alterne fortune. Nei primi anni sessanta militava nelle giovanili il mediano Antonio Juliano, il quale avrebbe ben presto esordito in prima squadra diventando in seguito il secondo giocatore con più presenze in maglia azzurra tra campionato e coppe (505).
Negli anni settanta/ottanta, il settore giovanile riuscì ad affermare singoli giocatori creando formazioni in grado di raggiungere ottimi piazzamenti nelle competizioni di categoria. Vinse il Torneo di Viareggio nel 1975 e il Campionato Primavera nel 1978-1979. La rosa campione d'Italia Primavera, allenata da Mario Corso, comprendeva giocatori che avrebbero poi debuttato in prima squadra come Raffaele Di Fusco, Luigi Caffarelli, Gaetano Musella, Costanzo Celestini e Giuseppe Volpecina; alcuni di questi avrebbero vinto poi il primo scudetto del Napoli nella stagione 1986-1987.
Fabio Cannavaro
 Nell'epoca post-Maradona il Napoli visse un momento di profonda crisi ed anche il settore giovanile venne trascurato; nonostante ciò, nei primissimi anni novanta, le giovanili del Napoli portarono al debutto in Serie A giocatori di talento, tra i quali spiccava il (futuro) campione del mondo e Pallone d'oro 2006 Fabio Cannavaro; il periodo di crisi aveva portato alla sua cessione per motivi economici, dieci anni prima del duplice riconoscimento.
Nonostante il trend negativo del sodalizio azzurro, il settore giovanile si impose nella Coppa Italia Primavera del 1997 e conquistò lo Scudetto Allievi. In questi anni fu anche costruito, nel quartiere di Marianella, un centro sportivo che, nei piani dei dirigenti, avrebbe dovuto essere all'avanguardia a livello di formazione giovanile. La struttura – però – sarà consegnata al totale degrado fino alla sua chiusura.
Col fallimento della SSC Napoli nel 2004, il settore giovanile fu totalmente smembrato. Quando la società venne rilevata da De Laurentiis, si decise di investire sui giovani per poter contare sull'apporto dei talenti locali; i risultati furono subito ottimi, con un titolo Berretti di Serie C vinto al primo anno. Il lavoro del direttore Santoro e del suo staff diede ulteriori frutti portando al ritorno di alcuni azzurrini nel giro delle nazionali giovanili. Nel 2010 gli azzurrini parteciparono al Torneo di Viareggio dopo 7 anni di assenza.

Organico attuale e campi di gioco

Il settore giovanile in origine condivise il Centro Paradiso di Soccavo con la prima squadra, in attesa del pianificato trasferimento all'interno di una struttura specifica situata a Marianella. Complice anche la crisi economica della società, questo centro sportivo non fu mai completato e cadde presto in disuso. Dopo il fallimento, per gli incontri delle formazioni giovanili sono stati utilizzati vari impianti situati nella provincia di Napoli, in particolar modo a Marano di Napoli e a Cercola.
L'organico attuale delle giovanili azzurre comprende sette formazioni: Primavera, Allievi Nazionali, Giovanissimi Nazionali, Berretti, le selezioni regionali di Allievi e Giovanissimi e il team Esordienti. La squadra Primavera, per i propri allenamenti, condivide il Centro Tecnico di Castel Volturno con la prima squadra, in attesa della realizzazione di una "cittadella dello sport" in grado di accogliere l'intero settore giovanile.
 
Tifoseria

Il Napoli è attualmente la quarta squadra italiana per numero di tifosi. Notevole è il seguito che da sempre la squadra ha in paesi esteri e principalmente in quelli dove è più forte il tasso di immigrati dall'Italia: i Napoli Club fuori dai confini nazionali si contano a centinaia anche nelle località più remote. A livello internazionale si stima un seguito complessivo di circa 7 milioni di tifosi.
Il tifoso medio del Napoli non appartiene a una classe specifica: secondo Mimmo Carratelli, il tifo azzurro «confonde e compatta genti diversissime, i napoletani dei quartieri-bene e quelli dei rioni popolari. Il Napoli è «la squadra di tutti» [...].».
La tifoseria del Napoli è stata più volte colpita da provvedimenti restrittivi. Nella stagione 2007-2008 ai tifosi è stata vietata la trasferta per nove volte, e nel 2008-2009, a seguito di presunti incidenti presso la Stazione di Napoli Centrale e presso lo Stadio Olimpico di Roma, il divieto di trasferta è stato comminato per tutta la stagione.

Storia

Le origini del tifo organizzato a Napoli risalgono agli anni sessanta. Nel 1972 nacque il gruppo degli Ultras della Curva B (poi CUCB, Commando Ultras Curva B), fondato da Gennaro Montuori; questi ultimi furono i primi a realizzare imponenti scenografie all'interno dello stadio San Paolo. Successivamente diedero alle stampe un proprio giornale e produssero una trasmissione televisiva dedicata al Napoli che viene tuttora trasmessa sulle emittenti locali partenopee; nel corso degli anni, inoltre, diedero vita a diverse iniziative contro la violenza negli stadi, tra le quali l'esposizione dello striscione «La violenza ci divide, il tifo ci affratella». Nel 1986 gli ultras della Curva B fondarono un gruppo di tifose, le Ultrà Girls. Negli anni ottanta nacque anche un altro gruppo di tifose, denominato Ladies Napoli, formato per lo più da docenti. A partire dagli anni '90, il tifo in curva B è profondamente cambiato: Gennaro Montuori (detto Palummella), forse a causa della morte del fratello, lasciò il mondo del tifo causando lo scioglimento del suo gruppo (il CUCB) e dei gruppi minori ad esso collegati. Attualmente i maggiori gruppi della curva B sono i Fedayn E.A.M. 1979 e gli Ultras Napoli. I Fedayn, fondati nel 1979, condividono la mentalità dei tifosi della curva A: proprio per questa comunanza di ideali ci sono stati dei tentativi da parte dei gruppi della curva A di convincere i Fedayn a traslocare nella loro curva. Il loro slogan è E.A.M. (Estranei Alla Massa). Gli Ultras Napoli sono invece formati per lo più da tifosi che non facevano parte del CUCB in quanto non ne condividevano l'ideologia filosocietaria. Oltre a questi, sono presenti i Tifosi del nostro ideale (ex Masseria Cardone) e gli Area Nord (prima entrambi nella A).
La Curva A è invece occupata da numerosi gruppi: Mastiffs, Vecchi Lions, Teste Matte (formata per lo più da tifosi provenienti dai Quartieri Spagnoli), Sud, Bronx, Brigata Carolina, Rione Sanità, Fossato Flegreo. La curva A è quella maggiormente violenta e contestatrice; per questo non è in buoni rapporti con la curva B, più pacifica e folkloristica. Tentativi di riconciliazione tra le due curve sono falliti.

Gemellaggi

Il gemellaggio tra i supporters del Napoli e quelli del Genoa è uno dei più antichi che il calcio italiano possa vantare: ebbe inizio il 16 maggio 1982 in seguito al pareggio per 2-2 tra le due squadre nell'ultima giornata della Serie A 1981-1982, risultato che consentì al Genoa di salvarsi e condannò contestualmente il Milan alla seconda retrocessione in Serie B della sua storia. Il rapporto venne poi ulteriormente consolidato all'ultima giornata di campionato della Serie B 2006-2007 quando, con il pareggio per 0-0 a Genova, entrambe le squadre ottennero la promozione in Serie A. Lo storico gemellaggio tra le due tifoserie è stato anche omaggiato e sostenuto da iniziative commerciali.
Esiste, inoltre, una forte amicizia con i supporter dell'Ancona e vi sono buoni rapporti con le tifoserie di Palermo e Catania. Una simpatia è nata anche con alcuni gruppi della tifoseria rumena dell'Universitatea Craiova, rinsaldata in seguito all'eliminazione dei rivali dello Steaua Bucarest dall'Europa League proprio per mano del Napoli.

Rivalità

I tifosi azzurri hanno cattivi rapporti soprattutto con le squadre del Nord. Rivalità con Inter, Juventus e Milan nacquero nella seconda metà degli anni ottanta, con gli azzurri che sfidavano la "Triade del Nord" per contenderle il titolo di Campione d'Italia.

L'ostilità degli ultras con i tifosi della Lazio nasce dal gemellaggio che legava negli anni ottanta napoletani e "cugini" romanisti, gemellaggio poi infranto dopo il gesto dell'ombrello di Salvatore Bagni del 25 ottobre 1987 e dopo il quale nasce la rivalità coi giallorossi. Esistono inoltre rivalità con Sampdoria, Verona, Reggina e anche con l'Atalanta, Avellino, Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Lecce, Salernitana, Udinese. Altre rivalità minori con Foggia, Perugia, Pisa, Pistoiese, Ternana e Vicenza.

I derby

A differenza di quanto si verifica in altre metropoli italiane come Genova, Milano, Roma e Torino, il Napoli è l'unica espressione calcistica di alto livello del capoluogo campano e pertanto non vi è un derby nel senso stretto del termine. Ciononostante, i partenopei sono co-protagonisti di due particolari derby in Italia:

    - Derby della Campania, termine che fa riferimento alle sfide degli azzurri con le altre squadre campane, in particolare con Avellino e Salernitana.
    - Derby del Sole (chiamato anche Derby del Sud), all'apice della popolarità negli anni settanta e ottanta, che vede protagonisti i partenopei e la Roma, ossia i primi due sodalizi dell'Italia centro-meridionale ad essere stati ammessi alla Lega Calcio, all'epoca denominata Direttorio Divisioni Superiori, nella stagione 1926-1927.

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